lunedì 14 febbraio 2011

MARIATU KAMARA, MUTILATA DAI BAMBINI SOLDATO, RAPPRESENTANTE UNICEF, AUTRICE DI "QUALI MANI ASCIUGHERANNO LE MIE LACRIME"

18 novembre 2009 - Quando nel 1990 in Sierra Leone scoppia la guerra civile, Mariatu Kamara ha 12 anni. Le sue giornate spensierate a Magborou sono stravolte dai ribelli armati del Fronte rivoluzionario unito, che seminano dovunque devastazione, sofferenza e morte dopo efferate torture. Un gruppo di bambini soldato che hanno più o meno la sua età e sono della sua stessa etnia la lasciano vivere ad un terribile prezzo: le vengono mozzate entrambe le mani, affinché non possa mai votare.

Oggi Mariatu Kamara ha 23 anni, ha scelto di non indossare protesi e vive a Toronto, in Canada, dove segue un corso di studi per diventare assistente sociale. E' stata nominata rappresentante speciale dell'Unicef per i bambini coinvolti in conflitti armati e premiata come Voce del coraggio dall'importante associazione newyorkese Womens commission. Ha fondato un'organizzazione non profit che porta il suo nome, con cui raccoglie fondi per soccorrere le donne violate e le bambine in difficoltà del suo Paese natale: www.mariatufoundation.com.
Ha raccontato la sua storia nel libro Quali mani asciugheranno le mie lacrime (Sperling & Kupfer, pagg. 206, 17,00) in collaborazione con Susan McClelland, una giornalista canadese freelance di fama internazionale. Nell'intervista partiamo proprio dal momento che ha immediatamente seguito la mutilazione delle sue mani quando per raggiungere l'ospedale più vicino attraversa la foresta: "Nemmeno in quella occasione la natura mi è apparsa cattiva o nemica: i rumori mi facevano paura solo perché temevo il ritorno dei ribelli", ci confessa.
I frequenti flashback sono solo una trovata narrativa o effettivamente ti hanno aiutata a sopportare la sofferenza?
"Per fortuna avevo i ricordi della mia vita vissuta prima di essere attaccata dai ribelli: mi fanno pensare che non tutto era stato negativo, anzi la mia infanzia era trascorsa felice. Per me è sempre importante farvi riferimento: l'importante è non fossilizzarsi sui ricordi. Anche oggi sono contenta: voglio vivere una vita lunga e diventare ancora più forte".
Nel libro dicevi che ti era venuto in mente di farla finita: adesso che cosa pensi ogni volta che affronti una nuova giornata?
"Non lo pensavo mai realmente neanche nei momenti più bui: era solo uno sfogo. Ho comunque imparato che nonostante ti possa capitare qualcosa di veramente terribile, non bisogna mollare mai. Se Dio ti concede una seconda possibilità nella vita, ci sarà un significato particolare".
A proposito, le mani servono anche a pregare: che rapporto hai con Dio?
"Sono fermamente credente: amo Dio e mi sono resa conto che anche Lui mi ama. Mi ha risparmiato la vita e io non ho mai messo in dubbio la mia fede, forse solo per un brevissimo momento, per fortuna passato".
Nella tua vita continua ad esserci uno spirito guida?
"Ovunque vada sono accompagnata da angeli buoni che mi aiutano e sorreggono".
Qual è la reazione più comune alla tua storia?
"Le reazioni sono ovviamente diverse a seconda di chi legge o ascolta ciò che mi è successo: mi colpiscono soprattutto gli studenti quando vado a parlare nelle scuole dove sono sempre stata ben accolta. Ai giovani arriva un importante messaggio che li fa riflettere sulla loro vita fortunata".
E' stato più terapeutico per te scrivere il libro o le esperienze teatrali?
"Entrambe le cose. Il teatro mi ha aiutata a sopportare il dolore circondata dalla mia famiglia e da altre persone che hanno saputo tirarmi fuori dalla mia stessa sofferenza. Il libro mi aiuta ogni giorno: grazie alle pagine tante persone stanno conoscendo che cosa succede in Sierra Leone, conoscono la mia storia ma non soltanto la mia personale, ma quella di intere comunità. Il libro, infatti, non parla solo di me ma in generale del mio Paese: molti ragazzi mi scrivono e mi ringraziano per aver condiviso l'esperienza, aprendo loro altri orizzonti". Giovanni Zambito.

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