martedì 15 febbraio 2011

Lina Wertmüller festeggia a Roma i 300 anni di Goldoni: "Il cinema italiano? Sta bene, grazie"

8 gennaio 2008 - Il cinema made in Italy? Sta bene, grazie. Forse anche a motivo dei recenti lusinghieri risultati registratisi al box office non solo natalizio della commedia italiana, ma è quello che pensa la popolare regista Lina Wertmüller. Sì, secondo lei, l’anno appena concluso per la cinematografia italiana rappresenta un periodo più che buono: vuoi per una maggiore sensibilità politica atta a proteggere le pellicole nostrane, vuoi per un’attenzione sempre più costante che parte proprio dal pubblico delle sale.
Lo rivela in occasione del debutto del suo nuovo spettacolo teatrale che dirigerà, ovvero “La Vedova Scaltra”, in scena da martedì 8 fino al 27 gennaio al Teatro Eliseo di Roma, scelto in occasione del 300° anniversario della nascita di Carlo Goldoni dall’Associazione Teatrale Pistoiese insieme all’attrice Raffaella Azim e all’Associazione ‘Tauma’ per il progetto di rivisitazione di chiave contemporanea di grandi testi del passato. Per Lina Wertmüller (al secolo Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich), si tratta del primo incontro con un testo della tradizione teatrale italiana classica che in collaborazione con Tiziana Masucci ha pure riadattato personalmente. “Mi ci sono avvicinata - confessa - con un atteggiamento di simpatia: Goldoni è un pezzo di teatro e ha scritto tantissimo; per le sue opere non posso che provare ammirazione e rispetto”. Nella rielaborazione sono stati eliminati, oltre alla sorella di Rosaura, alcuni personaggi-maschere come Pantalone e il Dottor Balanzone. Un testo più asciutto, nel quale la polemica tra vecchio e nuovo, si concentra su Arlecchino interpretato da Gianni Cannavacciuolo.
Di quale aspetto “La vedova allegra” può essere ancora rappresentativo?
 “Premetto che attualmente ci sono 3.500 vedove e 800 vedovi al giorno; oggi l’età media delle donne è di 84 anni e per gli uomini 78, figuriamoci nel Settecento: la situazione era ben peggiore. A parte questo dato statistico, il discorso poggia su come poter riempire un letto vuoto: la protagonista deve trovare un nuovo sposo dopo il primo anziano e riconoscere il compagno della propria vita”.
Emblema di tale condizione è il letto messo al centro della scena?
 “Sì, Enrico Job ha sistemato questo magnifico letto: da una parte c’è il posto vuoto, dall’altra il posto dell’amore, di quella solitudine che aspetta l’amore, il modo per riempirlo. Non è solo un rimando al Settecento in cui le “Femme des Lettres” come Madame de La Favette o Madame de Sevigny ricevevano, ma un letto simbolo di tutte le voluttà rimasto vuoto: c’è il letto e lei in quel letto, con tutta la cabala del gioco della vita”.
In certi periodi si cimenta più intensamente in un settore dello spettacolo piuttosto che in un altro: da che dipende un interesse che apparentemente altalenante?
 “Dipende dal fatto che io amo tutto lo spettacolo e l’interesse per un lavoro dipende dai progetti, che possono riguardare il teatro, il cinema o l’opera: a proposito, quest’estate con “Le nozze di Figaro” abbiamo inaugurato il Festival di Viterbo nella bellissima piazza, un’esperienza che mi piace ricordare. Quindi, non è che io spontaneamente decido di dedicarmi a una cosa e basta: ci può essere un’idea particolare che può convincerti a fare cinema o un soggetto teatrale da rimettere in scena, brillante o drammatico che sia”.
A proposito di film, che cosa non è stato recepito delle sue pellicole più recenti “Ferdinando e Carolina”, “Francesca e Nunziata”, “Peperoni ripieni e pesci in faccia”?
“Sono esperienze diversissime tra loro: diciamo che in quei periodi c’era poco spazio e debole difesa per il cinema italiano e la distribuzione non è stata granché. Oggi fortunatamente la situazione è migliorata e film recenti lo dimostrano: penso di poter dire che per il cinema nostrano è stata una buona annata”.
Ha cominciato con grandissimi nomi del teatro e del cinema: secondo lei, quale scuola oggigiorno prepara i debuttanti?
 “Per il teatro ho cominciato a collaborare con i registi Guido Salvini e Giorgio De Lullo. Per quanto riguarda le scuole, vanno bene tutte: l’importante è che ci sia la passione e che ci si prepari ad affrontare molte battaglie con tanta forza e pazienza”.
Se glielo proponessero, tornerebbe a lavorare per la televisione in veste di autrice o regista?
 “Assolutamente: lo farei senz’altro. Ho fatto parecchie belle cose: da ‘Studio Uno’ a ‘Canzonissima’ e ‘Gianburrasca’…”
Con il “Giornalino di Gianburrasca” ha inaugurato il genere del musical comedy: ne ravvisa ancora qualche strascico?
“Più che ad averlo inaugurato, l’ha proprio creato ed esaurito in sé. Non mi pare che siano stati realizzati altri musical in tivù; se la Rai mi chiamasse per farne un altro, accetterei all’istante”.
Se dovesse rappresentare l’epoca odierna quale dimensione coglierebbe in particolare?
 “Guardi, di quest’epoca mi preoccupa un aspetto: il numero. Siamo veramente troppi e si sa che il troppo storpia: siamo addirittura arrivati a 7 miliardi di persone”.
E che si dovrebbe fare anche a livello politico a suo avviso?
“Pensare alla diminuzione delle nascite”.
Un po’ drastica come soluzione: chissà cosa ne pensa Papa Ratzinger…
 “È l’unico modo non per migliorarne la qualità, ma per difendere la vita vera e propria”. Giovanni Zambito (www.affaritaliani.it).

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