domenica 6 marzo 2011

PER ENZO TORTORA "APPLAUSI E SPUTI", LA BIOGRAFIA DI VITTORIO PEZZUTO

10 dicembre 2008 - Ventotto anni fa si assistette a un evento mediatico che inaugurò televisivamente parlando il processo pubblico di un personaggio notissimo che ogni settimana entrava nelle case italiane con la trasmissione “Portobello”. Protagonista del teleschermo, Enzo Tortora si ritrovò improvvisamente in una tritacarne giudiziario ad opera della procura di Napoli sulla base di alcune confessioni di pentiti che lo accusarono di associazione per delinquere di stampo camorristico.

Dopo l’assoluzione muore stroncato da un tumore. Tutta la sua vicenda, dai successi tv alla prigionia fino alla rivalsa e alla morte, è oggi racchiusa nelle pagine di un libro edito da Sperling & Kupfer, in assoluto la prima biografia a lui dedicata, intitolata “Applausi e sputi” (pagg. 440, € 15,00). “Ho scritto la biografia di Tortora - candidamente ammette il giornalista Vittorio Pezzuto - perché nessuno ha pensato di farlo prima di me”. I quindicimila documenti consultati da Vittorio Pezzuto e le 80 pagine di note danno il senso del rigore con cui “Applausi e sputi” è stato scritto.  
Già il sottotitolo “Le due vite di Enzo Tortora” sembra esprimere le intenzioni che animano il volume: è così? 
“Tortora è stato ammazzato due volte prima dai magistrati e dai pentiti che lo hanno accusato e poi nella memoria. Dopo il suo arresto avvenuto il 17 giugno 1983, lui stesso ammise che non riconosceva per niente l’Italia come l’immaginava e che aveva raccontato, un’Italia che per quanto riguardava la giustizia era tornata nel Medioevo. Dal carcere scrisse una lettera alla compagna Francesca Scopelliti confessandole che gli avevano fatto scoppiare da dentro una bomba al cobalto. E in effetti è dimostrato che il tumore che lo uccise era di origine psicosomatica”.
Ma com’è stata possibile una così grande ingiustizia?
“Chi poteva parlare di lui non l’ha fatto per senso di colpa o per opportunismo. Dopo 25 anni queste persone devono provare vergogna e fare un gesto seppur tardivo di pentimento sincero pensando a come Tortora è stato trattato. E i magistrati che se ne occuparono non solo non vennero screditati ma addirittura promossi: Lucio Di Pietro fino a pochi mesi fa faceva parte della Direzione Nazionale Antimafia e adesso è Procuratore Generale a Salerno; il PM che sostenne l’accusa, Felice Di Persia è un membro del Consiglio Superiore della Magistratura e Luigi Sansone, allora Presidente del Tribunale che lo condannò, è Presidente della Corte di Cassazione. Comunque, la sua vicenda giudiziaria e la sua lotta politica rischiano tendono a schiacciarne la grande opera professionale”.
Per esempio? 
“Le sue grandi idee anticipatrici animano tuttora gran parte del palinsesto televisivo: fu lui con la moviola a trasformare “La domenica sportiva”, a ideare la tv interattiva con le nomination ne “L’altra campana”, il primo programma di gossip con “Cipria” su Retequattro, dell’82, dove con la rubrica “Ugole dal palazzo” faceva cantare i politici; con “Portobello” trasformò la platea tv da spettatore passivo a protagonista e lanciò l’inchiesta con “Giallo”, dove si mise in luce Alba Parietti”.
Tortora inaugurò suo malgrado la spettacolarizzazione di certi eventi, come il suo arresto… 
“La fotografia che lo ritrae in manette è tecnicamente un falso. Venne prelevato alle quattro del mattino dall’Hotel Plaza e non fu subito condotto al Regina Caeli, ma nella caserma dei Carabinieri di via In Selci, affinché venisse mostrato l’indomani a mezzogiorno davanti a fotografi e giornalisti, appositamente convocati. Il cellulare che doveva portarlo in carcere venne parcheggiato nel retro in modo da costringerlo ad affrontare una ‘passerella’ ammanettato: insomma, tutto venne studiato a tavolino. In seguito, in una conferenza stampa ammise di avere il cancro”. 
Come furono i suoi rapporti con la Rai? 
“Preciso che fu allontanato due volte: la prima nel ’62 per un’imitazione di Fanfani fatta da Noschese. Ma nonostante fosse stata autorizzata, si fece di Tortora il capro espiatorio e fu costretto ad andare a lavorare per la tv svizzera. Poi nel 1969 viene licenziato a causa della pubblicazione di una intervista in cui aveva definito l’ente radiotelevisivo come “un jet supersonico pilotato da un gruppo di boy-scouts che litigano ai comandi, rischiando di mandarlo a schiantarsi sulle montagne”.  
Iniziò così a lavorare per diverse emittenti private e testate giornalistiche, diventando vicepresidente della prima tv via cavo italiana, Telebiella e partecipando alla fondazione di Telealtomilanese e di Antenna 3 Lombardia. Ma com’era Enzo Tortora nel privato? 
“Era solitario, non legato ad alcun carrozzone politico: si definiva liberale perché aveva studiato e radicale perché aveva capito, e non contrabbandò mai la sua coscienza. Non amava frequentare persone del suo mondo e tra i pochi amici c’era Piero Angela: erano entrati insieme in Rai con lo stesso concorso. Si dilettava nella lettura di autori come Popper, Stendhal, Schopenauer e nonostante la sua grande cultura riusciva a parlare semplice, con un italiano molto pulito: gli rimproveravano solo una certa affettazione. E poi fu un grande giornalista che scrisse per “La Nazione” e “Il Resto del Carlino”, denunciando anche le derive comuniste presenti nelle università”. Giovanni Zambito.

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