domenica 6 marzo 2011

OTTAVIA PICCOLO: "mi sento offesa quando vedo quale immagine della donna si commercializza"

23 febbraio 2008 - Martedì 26 febbraio alle ore 21 al Teatro Valle di Roma andrà in scena (fino al 16 marzo; infoline: 0668803794) lo spettacolo di prosa Processo a Dio con protagonista una straordinaria Ottavia Piccolo che interpreta il personaggio di Elga Firsch, attrice ebrea di Francoforte, motore e cuore dellintera vicenda, affiancata dal rabbino Nachman difensore di Dio, il giovane Adek smanioso di vendetta, lo Scharfhrer Reinhard relitto del Reich e i due anziani Solomon e Mordechai, giudici severi di un processo senza esclusione di colpi. 

Il testo di Stefano Massini è diretto da Sergio Fantoni, le scene e i costumi sono curati da Gianfranco Padovani e gli altri bravi interpreti sono Vittorio Viviani, Silvano Piccardi, Olek Mincer, Enzo Curcur, Francesco Zecca.

Il processo è in realtà una resa dei conti all'indomani della Shoah: Elga Firsch - spiega l'attrice - , con i suoi compagni di sventura, è l'esplicitazione di tutte le nostre domande di fronte all'orrore, alla violenza, al male. E' anche una grande occasione professionale, una sfida.
Che cosa l'ha immediatamente convinta dello spettacolo?
Ho pensato subito che fosse un testo e poi anche un personaggio necessario anzitutto a me perché mi diceva molte cose e ho pensato che lo potesse essere anche per il pubblico; il modo in cui viene affrontato un argomento così forte come la Shoah porta facilmente lo spettatore ad immedesimarsi nei fatti che vede svolgere sulla scena. La questione è proprio questa: una trattazione non banalizzante della Shoah e le reazioni delle persone che lo hanno visto mi hanno confermato di averci visto giusto.
Qual è la prima reazione più comune del pubblico?
Mediamente si prova una sorta di appartenenza alla cosa come se uno volesse entrare dentro la rappresentazione scenica e pensasse Lo volevo dire anch'io: un po' come accade con un passaggio di un libro che si ama particolarmente. Qui si va al di là della notizia sulla Shoah che oramai dovrebbe essere un'acquisizione; non avremmo più bisogno di fingere di non sapere: a disposizione ci sono infinite immagini eloquenti e un patrimonio comune attraverso cui ci si può informare. Processo a Dio non è  un documentario e non potrebbe esserlo: la cosa più importante è  la modalità con cui si affrontano le domande che ognuno di noi si pone e le risposte che non si danno. Una battuta di un personaggio sottolinea che il Processo a Dio è iniziato da cinquemila anni; è proprio questo il fulcro della vicenda. Vale per chi è credente, ma anche per chi, come me, non lo è, basta sostituire Dio con l'umanità e la domanda è sempre quella: Dov'era l'uomo quando accadeva tutto questo orrore?
Come donna c'è in lei una domanda a cui piacerebbe trovare una risposta?
Sono cresciuta in un momento storico in cui le battaglie delle donne sembravano aver raggiunto una rivoluzione definitiva e che le cose sollevate fossero state acquisite una volta per tutte: non credevo che ci sarebbe voluto un ulteriore ripensamento. Invece, mi sembra che siamo qui ancora a discutere se la donna è migliore dell'uomo: un ritorno al passato che mi fa impazzire. Per trent'anni ho pensato che certe cose fossero superate e invece mi sento offesa quando vedo quale immagine della donna si commercializza: siamo ancora a donne e motori. Mi deprime e non ho più la forza di dare battaglia; dovrebbero muoversi le figlie o le nipoti ma è quasi diventato un problema che non esiste. Nel mio piccolo faccio ancora di queste battaglie, ma sono minime.
Che effetto le fa interpretare una donna che fa l'attrice?
Stefano Massini ha scritto la parte pensando a me; il fatto che Elga sia un'attrice è un omaggio al teatro ma anche qualcosa di più. Leggendo le testimonianze di chi era stato internato nei campi di sterminio mi ha colpito che per resistere e tentar di sopravvivere dovevano dimenticare la vita che c'era fuori dai reticolati. Ad Elga il suo mestiere serve per farle dire bene quel che deve dire nell'istituire un processo e nel mettere in scena un atto di omicidio. Elga così facendo usa le armi che conosce.
Lei sembra orientata a un teatro impegnato e civile: esclude un ritorno a un genere più leggero?
No, perché per me esistono solo due tipi di teatro: quello bello e quello brutto, a prescindere dal soggetto. Sono state un caso pilotato da me le scelte che ho fatto e che risultano diverse, più eccentriche e meno di routine. Ma se mi propongono un testo nuovo o un classico di Goldoni e il regista mi convince che la mia partecipazione darebbe più luce a un personaggio, lo farei domattina stessa. Faccio questo mestiere da 48 anni e lo faccio perché mi piace e non perché devo starmene sdraiata sul titolo.
Processo a Dio ha avuto un particolare riconoscimento...
Sì, ha vinto il Premio Olimpici del Teatro - Eti assegnato da addetti ai lavori e questo fa più piacere, non che gli altri premi siano meno importanti ma è come se fosse l'equivalente di un Oscar o di un Cèsar. E comunque il premio ce lo dà il pubblico che tutte le sere esce di casa e sceglie di venirci a vedere. Giovanni Zambito.

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