domenica 6 marzo 2011

MASSIMO LUGLI PARLA DE "L'ISTINTO DEL LUPO": UN VIAGGIO NE "il mondo oscuro, l'ambiente sotterraneo, la città infera"

15 febbraio 2008 - Sullo sfondo di avventure nere e romantiche, le inquietudini della generazione degli anni Settanta, il furore politico e le battaglie a colpi di chiave inglese che anticipano i bagliori del terrorismo si dipana la storia de "L'istinto del lupo" di Massimo Lugli (Newton Compton Editori, pp. 240, 9,90). 
Un racconto crudele e ammaliante, una storia dura ambientata tra i viali della prostituzione e gli accampamenti dei nomadi, le baracche costruite sugli argini del fiume e un fatiscente circo di periferia. Attorno alla figura solitaria di Lapo/Lupo una galleria di personaggi indimenticabili: il saggio Tamoa, la sensuale Parvati, il laido Sugo, il patetico Giobbe, il brutale Ivan.
Il grande cronista di nera Massimo Lugli, inviato di Repubblica, ritrae il volto violento e sconosciuto di una citt nascosta nel ventre della metropoli. 
Perché per il protagonista hai scelto il nome Lapo: non mi sembra così comune, forse in funzione della storpiatura in 'lupo'?
"Sì, Lapo che diventa Lupo, una consonante che cambia una vita, mi piaceva (all'inizio avevo dato un altro nome, più comune, al protagonista) e ne giustifica la "trasformazione" in una figura completamente diversa da quella che incontriamo nei capitoli dell'infanzia. Ho scelto un nome poco comune così come poco comune è il personaggio che fin dall'inizio vive una sua unicità: asociale, fantasioso, timido ma ironico e con questa enorme empatia per gli animali che lo contraddistingue (tratti presenti anche nel primo romanzo "La legge di Lupo Solitario" uscito un anno fa sempre per Newton Compton)".
La violenza di questo mondo è terribile perché ordinaria, quotidiana, 'scontata': non hai calcato un po' la mano?
"No, non credo di aver calcato la mano. La violenza nel mondo degli ultimi, degli esclusi può essere terrificante e ne ho avuto una serie di esempi nei miei 33 anni di cronaca nera. Ci si uccide a bottigliate per un sorso di brandy o un posto dove dormire... Molte scene dal vivo sono raccontate nel mio primo libro "Roma Maledetta" uscito nel 1998 e lì non c'era assolutamente nulla di inventato... Tutte storie vere di sangue, pestaggi, morte, stupri e tutto il resto".
Anche Lapo subisce angherie a scuola...
"A scuola Lapo subisce quello che oggi viene definito bullismo e, ai miei tempi, erano le "normali" angherie dei più forti verso i compagni più remissivi. Gran parte della storia successiva nasce da lì: la fascinazione di Lapo per Tamoa, che gli insegnerà a gestire la violenza, è il perno attorno a cui ruota l'intero sviluppo della narrazione. Il barbone dal passato indecifrabile diventa la zattera a cui il ragazzo si aggrappa con tutte le sue forze".
Impressionante come Lapo non riesca a rivelare nulla dell'esperienza che va vivendo ai suoi familiari. Possiamo dire che sin da piccolo ha vissuto in una dimensione di 'escluso'?
"Proprio così, Lapo è un alieno fin da piccolo. Vive in un ambiente confortevole, famiglia agiata, domestici, sport e tutto il resto ma è  come se fosse sempre in ombra. Attenzione, Lapo non un è "incompreso" come quello del film che forse ricorderai. I suoi genitori, totalmente assorbiti dai loro problemi, semplicemente non lo ascoltano e temo che sia una situazione molto comune anche oggi in tante famiglie non solo italiane... ".
Ad un certo punto della storia Lapo s'imbatte nel giro delle prostitute per le quali esegue piccole commissioni, lavora per un circo e al mercato. Tutti mondi che vivono nell'oscurità, nell'ombra o quanto meno in disparte...
"Centri il vero tema del libro: il mondo oscuro, l'ambiente sotterraneo, la città infera... Quegli scenari che noi sfioriamo (o calpestiamo) senza accorgercene e che sono l'essenza dell'odissea di Lapo-Lupo. Io credo che il racconto sia soprattutto lì, oltre che nel rapporto tra un padre e un figlio con un sangue diverso nelle vene (come ha scritto, riempiendomi d'orgoglio, Loredana Lipperini sul "Venerdì" di Repubblica). Lupo all'inizio, in questo mondo notturno, senza l'appoggio e la protezione di Tamoa, una preda, e poi si trasformerà, gradualmente in predatore. Una metaforfosi che lo porterà a diventare quello che incontriamo nel primo romanzo della serie".
Non compare nessun giudizio su Lapo: perché?
Nessun giudizio, già. I lettori decideranno. Ho tentato di creare un personaggio accattivante, simpatico, ironico e coinvolgente. Io vado matto per Lapo... Spero che chi legge il libro la pensi come me.
Sullo sfondo c'è il movimento giovanile e politico che resta in secondo piano (e mi fa piacere) sia nella storia che nella vita stessa di Lapo che non si fa per nulla toccare e coinvolgere: come hai vissuto quegli anni?
Ho vissuto quegli anni con la spranga in mano, come molti della mia generazione: estrema sinistra, scontri, inseguimenti, agguati sotto casa, pestaggi dati e ricevuti, amici in ospedale... Un incubo. Qualcuno di noi cominciava a giocare con le pistole, molti hanno fatto una brutta fine ma questa, come dici tu, è un'altra storia. Nel mio ambiente, non schierarsi era impossibile, fuori dal gruppo (o dal gruppuscolo) non esistevi proprio. Era una sorta di guerra per bande in cui la motivazione politica alla fine era sfumata: noi "zecche" da una parte, i "neri" dall'altra e tutti giù a pestarsi come l'uva. Mi sono "vendicato" inventando un personaggio che se ne frega, resta ai margini e si annoia a morte (come tutti noi, ma chi osava confessarlo?) al tediosissimo rituale delle assemblee e dei collettivi... Ha perfino il coraggio di scimmiottare lo slogan - totem del tempo: "Cacca dura/ senza verdura".
Oltre alla passione per le arti marziali che cosa hai trasferito di te sul personaggio?
"Nel personaggio di Lapo ci sono molti tratti autobiografici ma Flaubert non ha scritto "Io sono Madame Bovary?". Non che osi paragonarmi a Flaubert, per carità, ma credo che ogni scrittore trasferisca un pezzo di se stesso nelle sue "creature". Non parlo dell'esperienza di vita (perché sarei in contraddizione con la risposta alla domanda precedente) ma dello sguardo sul mondo, sull'amicizia, sul sesso, sulla violenza e anche sugli animali. Senza avere il dono di Lapo, ho fin dall'infanzia una passione smisurata per ogni tipo di animale. Ho ospitato cani, gatti, criceti, un agnellino, pesci rossi, tartarughe, due camaleonti... Attualmente io e mia moglie viviamo con un cane e un gatto che adoriamo e Lupo, non a caso, ha un nome "animale". Giovanni Zambito.

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