domenica 29 dicembre 2013

SENZA SPONDE, PER TIZIANA GRASSI LA POESIA ABITA LA VITA. L'INTERVISTA

"Spasmi della memoria", "la partita della vita", "sinapsi incontrollate", "echi di gabbiano all'alba", "yogurt bianchi in odore di scadenza": sono alcune voci, parole, argomenti presi in prestito dalla quotidianità e trasformati in versi da Tiziana Grassi, giornalista, autrice tv, ricercatrice e studiosa di migrazioni, e inseriti nella raccolta di poesie "Senza sponde" (Edizioni Nemapress, pagg.72, € 12,00). Vi rientrano temi apparentemente poco poetici, che ritraggono l'esistenza zeppa di difficoltà, di dolore, di piccole gioie: la silloge ha già ricevuto più riconoscimenti (11ª edizione del Premio "Terzo Millennio", Primo Premio Internazionale di letteratura "Toscana in Poesia" e lo scorso 23 ottobre il Primo Premio internazionale di letteratura "Terre di Liguria"). Intervistata da Fattitaliani.it, Tiziana Grassi parla della concezione della poesia e del suo strettissimo rapporto con la realtà, delle donne italiane, dell'ispirazione e della composizione...".
Riportiamo di seguito il testo integrale dell'intervista, realizzata da Giovanni Zambito e pubblicata l'8 novembre sul sito www.fattitaliani.it.

"D. Nel volume lei ringrazia tante persone che hanno influito sulla sua crescita... In che modo nella "narrazione poetica" - rispetto a quella prosastica - volti ed incontri possono avere un riscontro effettivo?
R. Scrivere poesia, nell'affinare i propri strumenti di "ascolto", permette di percepire volti, persone, incontri, situazioni come straordinarie dimensioni amplificanti, che regalano nuovi "sguardi". Un'amica che ci è stata vicina in un momento difficile con impareggiabile discrezione eppure concretamente partecipe, il coraggio di una madre sola nella navigazione aperta della vita, la condivisione di idee con un amico che ha aperto finestre e ulteriori orizzonti regalandoci magari nuove chiavi di lettura o contribuendo generosamente al nostro volo, tutto questo ricchissimo universo emozionale che sostanzia il nostro vissuto, può diventare occasione di narrazione poetica, perché secondo me è, in sé, nucleo poetico. Che rimanda a ben altro dal logoro contingente.
D. Delicata e bella nella sua semplicità "Sui campi di calcetto" dedicata a suo figlio Marco: una prova di come le cose apparentemente poco "poetiche" possano diventare oggetto dei versi. Lei che concezione ha della poesia al riguardo? Nel tempo è cambiata?
R. La ringrazio per aver colto, in tutta la silloge, la leggera e sublime profondità di quel momento descritto. Sono convinta che tutto quello che è attorno a noi, dentro di noi, soltanto a saperlo "guardare", può essere oggetto di versi. La poesia abita la vita, ne fa parte, o così dovrebbe. È esperienza trasposta in parola, parola che scioglie nodi, scava, toglie dal cono d'ombra. Eppure la ritroviamo esiliata, spesso in colloquio solo con se stessa, nella chiusura estetica alla vita, in una società distratta e materialista. Probabilmente sconta con uno scarso seguito l'oscurità del proprio linguaggio, una indecifrabilità spesso voluta. Credo che l'espressione poetica debba invece trovare - o ri-trovare - oltre alla fondativa soggettività dell'Autore, la propria potenzialità di condivisione con l'Altro, in modo diretto, intuitivo. Esaltare la sua possibilità di raccontare la realtà nella sua varietà e complessità, potendo trasfigurare in ogni momento una visione delle cose in un evento completamente nuovo. Ma c'è urgenza anche di rifocalizzare il suo ruolo sociale. Come sostiene il critico Stefano Giovanardi, "qualsiasi poesia ha una ricaduta sulla società a cui viene diretta. La funzione sociale della poesia è pertanto una funzione naturale, connessa con il suo proprio essere nella storia". A questa funzione bisognerebbe tendere con forza, instillando segni all'interno degli organismi sociali e culturali, sollecitando, denunciando drammi collettivi - precariato, disoccupazione, scarsa cultura dell'accoglienza - , scardinando gli equilibri costituiti. Portatrice di nuove visioni del mondo, o manifestazione di "necessità" talvolta non ancora percepite nella coscienza collettiva, sarebbe auspicabile un suo rapporto più diretto e immediato con la realtà e i suoi cambiamenti. Una straordinaria esperienza intellettuale, tra scandaglio emotivo e psichico e strumento di consapevolezza.
D. La scelta di dare un titolo alla raccolta prendendolo fra una delle composizioni come nasce? E in questo caso...
R. "Senza sponde", espressione simbolica e traslata del mio io che diventa noi, è la sensazione di vuoto e spaesamento che accompagna il nostro tempo, oltre che le nostre individuali storie. È il prodotto dell'a-centralità che contrassegna questo mondo in fibrillante mutamento. È legata alla fluidità della contemporaneità, che nel contenere una inedita e dirompente energia creativa, talvolta può farci sentire naufraghi senza bussola. E senza sponde, appunto.
D. Fra la scrittura giornalistica, i convegni, le sue ricerche, la famiglia, qual è il "tempo" e il "momento" necessario all'ispirazione poetica e alla sua traduzione in versi?
R. L'urgenza, la circostanza arrivano senza preavviso e senza freni. Il pensiero segue un proprio percorso, sempre possibile. Ecco che uno sguardo ripiegato, alla fermata di un autobus, mi sollecita, urla dentro di me, abbracciando una dimensione totale, fatta di emozioni e di lucida analisi. Sono le mie esperienze di vita, o la condizione psichica che ne scaturisce, a suggerirmi l'elaborazione intellettuale. Di pancia e riflessione. E diventano segni sulla pagina, segni interiori, soprattutto. Dove l'autenticità del "sentire-vedere" assumono in seguito, in un momento imponderabile, i propri strumenti linguistici.
D. Ci può dire l'occasione e la maniera più singolare in cui ha composto una delle poesie di "Senza sponde"?
R. Ero sulla spiaggia, in un ventilato pomeriggio di fine estate. Sola, come di consueto mi aggrovigliavo nelle preoccupazioni di una vita inquieta, fatta di poche certezze e molta precarietà. All'improvviso mi soffermai sulle persone accanto a me, distese al sole - distese nel doppio significato, posturale e psicologico - che serenamente stavano lasciando la spiaggia già organizzando con gli amici la serata festaiola. Di contro vedevo andare via, ondeggiando sulla battigia, un immigrato carico di asciugamani invendute... Le asimmetrie sociali ed economiche, lì visualizzate in tutto il loro stridore, mi creano sempre un dolore, il bisogno di dargli forma. È come se compartecipassi nel profondo al disagio psicologico di chi è ai livelli inferiori della scala sociale, che si traduce in una maggiore vulnerabilità esistenziale, in una sudditanza, in un abisso senza dignità. Presi carta e penna e lì, su quella spiaggia al tramonto, scrissi di getto "In terra straniera". Stranieri gli immigrati, nel nostro lessico respingente. Ma stranieri anche a noi stessi, noi autoctoni incapaci di creare reti, ponti, legami.
D. Nel 2010 ha ricevuto il "Globo Tricolore - Italian Women in the World all'eccellenza italiana nel mondo": a che punto sono le donne italiane oggi nel nostro Paese?
R. Di testa, siamo molto avanti, oltre. Ma il contesto sociale non ci sostiene. Non tifa per noi e per il nostro volo. Di parità si parla sempre molto... ma sono indignata – e lo dico per esperienza diretta – nell'aver constatato che poi nella realtà non esiste alcun supporto alla donna, alla famiglia, nessun servizio che sostenga e incoraggi chi desidera più figli, chi vuole/deve lavorare e invece è precaria e senza diritti, chi non ha una rete parentale che sostenga economicamente o sul piano organizzativo, chi ha dei sogni nel cassetto... Siamo senza sponde e senza orizzonti. E mi chiedo che Paese è quello in cui una donna, in assoluta solitudine, deve inventarsi la vita e i tempi per conciliare tutte le parti di Sé? Che tempo è mai il nostro, se davanti a noi non abbiamo un buon futuro, la possibilità di programmare la vita (e penso ai tanti, troppo precari... non a caso definiti gli "invisibili"), e se il tasso di occupazione è in calo, colpendo soprattutto noi donne? Come dimostrano le più recenti indagini, permangono forti elementi discriminanti che caratterizzano in modo negativo la situazione occupazionale delle donne, e penso alle differenze retributive, a parità di lavoro, ma anche ai meccanismi di progressione della carriera, che vedono noi donne sensibilmente penalizzate. Disuguaglianze profonde, pervasive, che nella fatica di vivere, nell'arrancare quotidiano, rischiano di spegnere in una ineluttabile rassegnazione, vigore, volontà, desideri. Ma non possiamo ripiegarci di fronte a quadrature sociali imperfette e distratte. Di certo, la Poesia - con la sua armonia e la sua onda neuronica - può aiutarci a sentirci meno soli, nella speranza di poter continuare - malgrado tutto - a desiderare. Nella ricerca di un senso perduto, o solamente interrotto. Dove la Dignità della persona dovrebbe essere - nella scala dei valori - bene primario, assoluto e fondativo. Sponda e patrimonio di tutti.
Tiziana Grassi, nata a Taranto, vive e lavora a Roma. giornalista, ricercatrice e studiosa di migrazioni, autrice di programmi televisivi per italiani all'estero e Rai International e consulente di programmi culturali per Rai1. Laureata in lettere moderne, s'interessa di sociologia della comunicazione e di semiotica urbana. Nel 2010 è stata insignita del Premio Internazionale "Globo Tricolore-Italian Women in the World all'eccellenza italiana nel mondo". Ha pubblicato numerosi volumi di saggistica e il DVD "Segni e sogni dell'emigrazione-L'Italia dall'emigrazione all'immigrazione", Roma, Eurilink, 2009, con il patrocinio del Ministero Affari Esteri, curato con Catia Monacelli e Giovanna Chiarilli". (Aise).

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