domenica 29 dicembre 2013

SICULIANA, PREMIO LETTERARIO "TORRE DELL'OROLOGIO". INTERVISTA A GIACOMO GUARNERI, AUTORE DI "DANLENUÀR"

Laureato in Lettere Moderne, lo scrittore Giacomo Guarneri nel 2001 ha debuttato col primo spettacolo teatrale di Davide Enia, MALANGELITA', per poi lavorare con Emma Dante dal 2003, anno in cui sono cominciate le prove dello spettacolo VITA MIA, nato da un particolare lavoro di scrittura collettiva per mezzo dell'improvvisazione teatrale. Come attore cinematografico è stato sui set di Marco Bellocchio (IL REGISTA DI MATRIMONI), Anna Negri (L'AMORE PROIBITO), Marco Turco e Andrea Porporati (IL COLPO DI PISTOLA). Nel 2008 ha iniziato a lavorare allo spettacolo DANLENUÀR, (Premio Enrico Maria Salerno per la Drammaturgia 2008 - Premio all'Autore) che ha debuttato il 1° giugno 2009 presso il Teatro Libero di Palermo. Attraverso un percorso parallelo di scrittura narrativa, il testo drammaturgico si sarebbe poi ampliato, diventando un romanzo pubblicato da Navarra Editore (pagg. 72, € 10,00) con cui il giovane autore Giacomo Guarneri, intervistato da Fattitaliani, concorre al premio "Torre dell'Orologio" di Siculiana, di cui Simonetta Agnello Hornby presiede la giuria. Domenica 3 ottobre si conosceranno i nomi dei cinque finalisti.

Il romanzo epistolare Danlenuàr è basato su un botta e riposta tra il marito Antonio, operaio di miniera emigrato in Belgio, e la moglie Genoveffa, che aspetta le sue lettere in un paesino sperduto della Sicilia. Il testo si apre con la lettera che Genoveffa, che ha raggiunto il marito a Marcinelle, scrive al marito subito dopo la catastrofe, dove lei così lo informa degli avvenimenti e inizia con la descrizione della visita del re Baldovino del Belgio.Il libro prosegue come una sorta di tuffo nel passato, con le lettere che Antonio scrive appena dopo la sua partenza per il Belgio, dove egli racconta del viaggio fatto in treno, dell'arrivo a Marcinelle, dell'incontro con i colleghi di miniera, provenienti dai diversi Paesi europei, e della miniera stessa. Genoveffa, dal canto suo, le racconta le sue giornate passate a badare la madre Marianna.
A livello emotivo che cosa l'ha talmente colpita della catastrofe di Marcinelle da ispirarle l'idea e la stesura di un romanzo?
Non è stata una emozione a indurmi alla scelta di quella pagina della storia come scenario della vicenda. Le emozioni erano tutte per i destini di molti miei antenati, le cui storie di fughe senza ritorno dalla Sicilia hanno sempre esercitato un forte mistero su di me e sulla mia fantasia. Sono loro che in qualche modo mi hanno consegnato in eredità questa mia Sicilia di oggi, nella quale io continuo come loro a vivere la paura di dover "fuggire". Nella vicenda di Marcinelle credo piuttosto di aver trovato una cornice ideale all'interno della quale sviluppare certe mie domande, allargare la riflessione dalla memoria privata a quella nazionale, europea. La vicenda dell'emigrazione verso il lavoro sotterraneo in Belgio è rappresentativa del rapporto tragico tra questa terra e i propri figli: mi colpì molto sapere che si trattò di una vera e propria "deportazione di massa", organizzata dal governo italiano di allora e da quello belga.
Oltre alla forma narrativa, che cosa c'è in più rispetto al dramma epistolare?
Tutta la seconda parte, che si può leggere nel libro, è assente dal testo che porto in scena. Laddove la storia si direbbe essersi conclusa, infatti, ecco che nel romanzo ricomincia, con una scrittura diversa, uno stile che vuole essere più simbolico, un significato per me più universale, e una gran libertà narrativa.
Degli illustri esempi di romanzi epistolari ha tenuto qualcuno in particolare riferimento? qual è la sua formazione letteraria?
Ricordo di aver subito il fascino delle geometrie di De Laclos nelle sue Liaisons, ma di essermi nutrito piuttosto della umanità e della concretezza di scritture più urgenti e meno letterarie, come le lettere di Etty Hillesum, le Lettere dei condannati a morte della Resistenza Italiana, o gli epistolari privati di scrittori come Faulkner e Gadda. In più avevo ben presente l'esempio teatrale di Fabbrica, di Ascanio Celestini, che in una sola lettera contiene le vicende di generazioni. La mia formazione è legata agli studi universitari, a letture disordinatissime, nonché alle pratiche di narrazione orale di maestri come Fo, Curino, Cuticchio, lo stesso Celestini.
In che cosa possono essere "universali" i personaggi che ritrae e i sentimenti che fa loro esprimere?
Considero universali le condizioni della lontananza, della solitudine, del sentirsi straniero ed emarginato, della perdita di radici e di identità. Ma anche il valore della solidarietà come ricchezza e speranza.
Che cosa ha pensato appena ha saputo dei minatori cileni rimasti intrappolati quest'estate?
Il buio della miniera che diventa luce visibile, "visione" in uno schermo televisivo, indica la rivoluzione, il risultato di un progresso tecnico strabiliante. Il riprodursi di incidenti simili indica al contrario che il progresso civile è ben altra cosa. A una luce che non conosce ostacoli e sfida le profondità terrestri fa da contraltare la cecità di una cultura del profitto che "non vede", a mio avviso, troppe cose e non conosce il rispetto della vita umana.
Al concorso "Torre dell'Orologio" si presenta con ottime credenziali: "Danlenuàr" ha vinto il Premio Enrico Maria Salerno per la drammaturgia 2008 ed è diventato poi romanzo grazie al concorso letterario nazionale "Giri di parole 2009" indetto da Navarra Editore... Che si aspetta?
È un grande onore per me partecipare a questo concorso. Danlenuàr è un per me una esperienza importante, sono felice ogni volta che mi si dà l'occasione di condividerla. E allora Grazie, Grazie davvero! Giovanni Zambito. (22 settembre 2010).

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