domenica 29 dicembre 2013

MUSICA, INTERVISTA DOPPIA A PAOLA & CHIARA: DISCO, TOUR, SOLIDARIETÀ E LOOK

Le cantautrici Paola & Chiara Iezzi, in occasione dell’uscita del secondo singolo estratto dal loro ultimo cd “Win the Game”, si raccontano in una lunga ed esclusiva intervista doppia: il brano “Vanity & Pride” è un lavoro curato nei particolari a partire dalla copertina qui riportata: la foto è di Paolo Santambrogio, styling di Antonio Frana, make-up di Adrian Alvarado, hair di Masha Brigatti e wear di Lacoste 

 


Quale principio sin dagli esordi avete sempre tenuto presente a livello artistico e umano? 
Chiara: Il rispetto delle nostre due individualità: non è sempre stato facile. 
Paola: Abbiamo sempre tentato di seguire l’istinto, la pancia: quella sbaglia difficilmente! Quando non lo abbiamo fatto infatti abbiamo commesso errori, anche gravi, che abbiamo pagato. Siamo molto integre dal punto di vista artistico e, spesso, il primo istinto su una scelta da fare è puramente dettato dalla voglia di realizzare qualcosa di creativo e di qualitativamente alto. Sulla qualità niente compromessi o il meno possibile: è un valore che difendiamo a spada tratta sul lavoro assieme a profondità, bellezza, stile. 
Pro e contro di una profonda conoscenza reciproca come quella che c'è tra sorelle… 
 


Chiara: I pro sono molti. Siamo molto creative, insieme sappiamo fare molte cose belle tra cui scrivere canzoni e inventarci nuovi progetti: c’è complicità. Di contro a volte dal di fuori le persone possono non comprendere le nostre diversità, che sono parecchie. 
 


Paola: I pro sono che sappiamo cosa ci piace reciprocamente e cosa non faremmo, ma sono anche e soprattutto umani: sappiamo starci reciprocamente accanto senza diventare invadenti. Oggi più che mai: l’esperienza dello stare insieme, anche lavorativamente, le sofferenze, i dolori e le ferite ti aiutano a capire molte cose. Ci fidiamo l’una dell’altra. I contro sono che essendoci molta vicinanza e “confidenza” ogni tanto si va oltre… in tutti i sensi e a volte per nervosismo si usano modi poco urbani e ci si manda a quel paese con molta più facilità. L’andare oltre comprende che lo si fa anche negli orari: lavoriamo molto ed essendo “complici” in questo e amando quello che facciamo, spesso lavoriamo fino a tardi. Questo a volte non fa bene alla vita personale. Bisogna mettere dei limiti anche in quello! È una questione di auto-educazione e rispetto di sé. 
 


Dopo l’ultimo vostro Sanremo avete cambiato casa discografica: come ricordate quell’esperienza? Che cosa non funzionò? Che avete provato quest’anno ricalcando il palco dell’Ariston cantando con Zarrillo? 
Chiara: Era finito un ciclo. Personalmente sentivo che la creatività rischiava di bloccarsi e mi sono preoccupata. Ognuno, artisti e discografici, devono collaborare ma senza invadere ognuno lo spazio dell’altro. Tornare è stato come mettere pace ad una situazione. Siamo tornate per quello, non è bello vivere nel ricordo della paura di qualcosa che ti ha ferito. Sanremo per noi, quell’anno, fu molto duro e la gente lo sa. Molti giochetti, poca verità. Ma va bene, tutto e’ un test, non bisogna prendere sul personale, ognuno è responsabile delle proprie azioni, credo nel karma. Un detto inglese dice: “what goes around comes around”. Oggi stiamo lavorando molto per realizzare le cose che ci siamo prefissate. Essere liberi


Paola: Non è che abbiamo cambiato casa discografica. Dopo quasi 10 anni con la Sony, con un contratto diciamo “difficile”, con un buon background, tante cose imparate e anche parecchie scottature, come l’ultimo Sanremo, abbiamo optato per un paio di anni di fermo, anni nei quali ci siamo un po’ liberate da costrizioni varie e abbiamo pensato un po’ alla nostra vita, tirato un po’ di somme, fatto un po’ di bilanci. Periodo non facile, ma necessario. Periodo coinciso anche con l’interruzione delle nostre due relazioni d’amore più importanti. Insomma una vera rivoluzione, dove ognuna di noi ha sperimentato altre cose indipendentemente dall’altra. Tra alti e bassi, senza ben sapere dove andare, ci siamo lentamente rimesse a scrivere insieme. In inglese. Abbiamo proposto il nuovo materiale un po’ in giro, ma nessuna major ha voluto pubblicarci un album inglese. Volevano che traducessimo il disco in italiano. Lì abbiamo capito che avremmo dovuto andare verso una strada “indipendente”. Il mondo sta rapidamente trasformandosi e noi crediamo fortemente che il futuro degli artisti sia nell’essere indipendenti. Non vediamo un’altra strada, almeno per ora…Il web, alcune emittenti tv, alcune riviste ci hanno capite. Ci crediamo e andiamo avanti. Win the Game e il progetto intero si sta difendendo molto bene! È dura ma siamo soddisfatte. Ora ci aspetta il singolo estivo, il nuovo video e il “Win The Game Tour”! 
 


Siete un esempio di completa 'autogestione': vi scrivete le canzoni e ve le producete. Non è così frequente nel mondo discografico e musicale italiano… 
Chiara: Vero. Ma ogni artista fa quel che si sente. Lavoriamo molto, anzi moltissimo per guadagnare il rispetto di noi stesse nelle cose che facciamo. Ogni volta è una sfida straordinaria, molto tosta direi. Il futuro è l’autoproduzione. 
 


Paola: No, non lo è: in Italia tendiamo, un po’ per cultura un po’ per abitudine, ad accomodarci. È un paese con tantissimi pregi e qualche difetto e uno di questi è la tendenza ad essere conservatori e un po’ parrucconi. I cambiamenti e gli scossoni in Italia fanno paura, per questo a volte si va verso ciò che sembra un approdo certo e sicuro. E quel “sembra” che a noi non “sconfinfera”, perché intuiamo che in Italia (e anche un po’ nel mondo) per alcuni versi, si sta raschiando il fondo del barile. Si campa ancora sul vecchio sistema, finché ce n’è, ma tra un po’ non ce ne sarà più; bisogna giocare di anticipo e mettere da parte un po’ di timori: siamo tutti sulla stessa barca, quindi conviene che insieme si costruisca nel frattempo una scialuppa sulla quale sistemarsi momentaneamente per costruire una nuova nave…
 


Il cd "Win the game" contiene solo due canzoni in lingua italiana: una scelta dettata solo da un tentativo di varcare più facilmente i confini linguistici e geografici? 
Chiara: Dettata da un’esigenza artistica. Ci piacciono le sfide. Con l’inglese ci siamo messe alla prova, del resto anche il mio singolo solista in inglese “Nothing at all” era andato al numero 2 nella classifica.


Paola: No, non solo. Non ti nascondiamo che avendo già varcato con “Vamos a Bailar”, “Television” e “Festival” i confini italiani, ci piacerebbe poter tornare a dire “la nostra” anche fuori dall’Italia, ma scrivere in inglese è stata anche un’esigenza. Utilizziamo moltissimo myspace e il web in generale. Ogni giorno parliamo e chattiamo con persone da tutto il mondo parlando e scrivendo in inglese: oramai sentiamo che i confini linguistici si sono quasi abbattuti. Non c’è più solo l’Italia, ma c’è l’Europa e noi ci sentiamo parte di questo continente e del mondo: è una forte esigenza questa. In più ogni volta che facevamo un album in italiano poi dovevamo tradurlo e ricantarlo in spagnolo e inglese e fare i video in 3 versioni. Abbiamo ottimizzato scrivendo direttamente in inglese. Questo non significa che non canteremo più in italiano. Significa che il nostro istinto ci ha portato a scrivere “Win the Game” in inglese. 
 


Il singolo "Vanity & Pride" ha delle sonorità che richiamano quelle degli anni Ottanta: qualche riferimento straniero o italiano dell'epoca? Quali sono stati i vostri 'miti' musicali? 
Chiara: Bowie, Madonna, Michael Jackson. George Michael, Duran Duran. 
 


Paola: Moltissimi, troppi. Da Bowie ai Depeche Mode, ai Cure ,Culture Club, Wham! E poi naturalmente Madonna, Michael Jackson, Duran, Spandau, Cindy Lauper…oddio potrei continuare all’infinito sai? 
 


Chi tra voi due è più orgogliosa e chi più vanitosa? 
Chiara: C’è orgoglio e vanità in tutti noi. Sono forme di ego da tenere sotto controllo. La cosa più importante è l’amore: la canzone dice questo. 
 


Paola: C’è un po’ di entrambi questi difetti in ognuna di noi: Vanity&Pride è una canzone apparentemente leggera. In realtà il testo è molto forte, incisivo. Parla dei vizi, di quelli che accomunano l’umanità che spesso ci rendono schiavi e non ci permettono di evolverci. Parla della sofferenza di rimanere intrappolati in un cliché, della crudeltà che ogni essere umano commette verso se stesso e il proprio genere, ogni volta che cede ad un’attitudine autolesionista. Parla di come la mente, se non allenata verso un’evoluzione del pensiero, lentamente si avveleni e più in generale della dissoluzione dell’era moderna e dei rischi che il mondo sta correndo. Il brano è legato sia a un'iniziativa benefica… 
 


Chiara: Il supporto a Raising Malawi è avvenuto dopo un viaggio che ho fatto negli Stati Uniti due anni fa. Dopo aver conosciuto una persona dell’organizzazione è partito tutto. 
 


Paola: Da quando è uscito il primo singolo “Second Life” e poi l’album stiamo supportando attraverso le vendite Raising Malawi , l’associazione benefica fondata da Madonna e da alcuni esponenti del kabbalah center che si occupa di raccogliere fondi per i bambini orfani del Malawi (sono più di un milione). Chiunque voglia saperne di più può andare sui siti rasingmalawi.org e skf.org , raggiungibili anche dal nostro myspace.com/paolachiara e sito web paolaechiara.it che tra un po’ arriverà in una veste completamente rinnovata! 
 


E la collaborazione con Lacoste com’è nata? 
Chiara: Per l’immagine ci siamo ispirate alla musica, dal titolo del cd “Win the game” e insieme con il nostro consulente d’immagine abbiamo pensato a Lacoste. Il video, girato su un campo da tennis, rappresenta benissimo l’idea della sfida con se stessi. Volevamo trasmettere grinta e movimento al pubblico, come da sempre facciamo. 
 


Paola: Il rapporto con Lacoste è avvenuto attraverso la conoscenza del nostro stylist con una delle responsabili di Lacoste in Italia. Cercavamo un marchio sportivo e chic nello stesso tempo per rappresentare il concetto di “Win The Game”, ovvero “vinci il gioco”. Desideravamo accostarci allo sport e in particolare al tennis: “Come in una partita a tennis così nella vita spesso si è da soli e si deve mantenere concentrazione e attenzione per vincere delle sfide, ma la vittoria deve essere conquistata nel rispetto di valori come correttezza, lealtà ed etica; valori che lo sport rappresenta e simboleggia”. L’accostamento a Lacoste ci è parso perfetto. Un classico che diventa moderno e glam nello stesso tempo, ma mantiene il suo equilibrio nello stile chic. 
 


Parafrasando il titolo del vostro primo album, c'è qualcuno che osa chiamarvi ancora 'bambine'? 
Chiara: Mi viene da ridere: chi ha osato pensare che non saremmo durate per oltre 10 anni ha dovuto rimangiarsi tutto. Questo è molto “pride”! 
 


Paola: Sì, ogni tanto capita ancora: alcune persone sono proprio restie ai cambiamenti! 
 

Come dar loro torto? cambiare pagina è tanto difficile quanto necessario! - Giovanni Zambito. (21 maggio 2008).

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