mercoledì 17 agosto 2011

Giancarlo Giannini ai politici: imitate il generale Dalla Chiesa

07 settembre 2007 - "Di fronte a personaggi eroici del genere non si può dire di no". Dopo Borsellino, Giancarlo Giannini sarà il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. "In quest’Italia di oggi un po’ confusa e pasticciona", confessa l'attore, "mi auguro che il film lasci la testimonianza che esistono persone come Dalla Chiesa che fanno il proprio dovere con un alto senso dello Stato".
Mercoledì 5 settembre, alle ore 19,00 nel complesso monumentale di Santa Maria dello Spasimo di Palermo è stata proiettata in anteprima, organizzata con il patrocinio del Comune, la miniserie Mediaset in due puntate “Il Generale dalla Chiesa”, prodotta da Mediavivere, che andrà in onda su Canale 5 lunedì 10 e martedì 11 settembre. Vi hanno preso parte il sindaco del capoluogo siciliano Diego Cammarata, il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri, gli alti rappresentanti delle Istituzioni e delle Autorità civili e militari e il regista Giorgio Capitani: un omaggio alla figura unica ed esemplare del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa a venticinque anni dalla sua morte nel momento culminante della sua carriera. Dagli anni della lotta al terrorismo alla sfortunata e l’esperienza di Prefetto per cento giorni a Palermo. La sua è una figura forte dell’immaginario collettivo italiano: un uomo potente, un alto ufficiale dei carabinieri dalle straordinarie qualità, capace di investigare sulla mafia come sul terrorismo con tecniche fino ad allora sconosciute alle forze dell’ordine italiane.

Nei panni del generale c’è Giancarlo Giannini, affiancato da Stefania Sandrelli (è la prima ed amatissima moglie, Dora) e da Francesca Cavallin, che interpreta Emanuela Setti Carraio, morta con lui a Palermo nell’attentato del 3 settembre 1982.“Quando mi hanno proposto di interpretare Dalla Chiesa ho subito accettato - rivela Giancarlo Giannini - anche perché di fronte a personaggi eroici del genere non si può dire di no”.
L'intervista
Per quale ragione in particolare?
“È un modo per lasciare un segno ai giovani che conoscono poco della nostra storia, lo stesso motivo per cui avevo accettato di fare Borsellino, lasciare un ricordo di persone così diverse da noi in quanto vivono continuamente nel pericolo per il loro grande senso civico e morale”.
Ha avuto subito in mente come impersonarlo?
“Quando si accetta una parte si legge poi la sceneggiatura e con il tempo si cerca di capire come rendere al meglio un personaggio mettendo in quello che fai un pizzico di divertimento e di fantasia, altrimenti tutto diventerebbe una noia. Ogni giorno si discute sugli intenti e i diversi aspetti per capire la vera tensione che anima un personaggio in modo da ricostruirlo e renderlo seguendo una linea che rispecchi la verità”.
Che rapporto si è creato con il regista Giorgio Capitani?
“C’era intanto un grande desiderio di lavorare insieme in un film e questo lo è anche se in due puntate e per la televisione. Entrambi abbiamo accettato e siamo andati avanti con entusiasmo: sul set Giorgio Capitani si mostrava sempre contento dei risultati che man mano si ottenevano e quindi lavorare con lui è stato come andare sull’olio; di comune accordo abbiamo più volte deciso di cambiare alcune cose: insomma, collaborare è stato straordinario”.

E con il personaggio in sé?
“I rapporti con i diversi personaggi ci sono e non ci sono, nel senso che noi attori li raccontiamo. Forse al generale Dalla Chiesa mi avvicina un certo rigore eccessivo. Naturalmente al suo posto non sarei stato in grado di andare in giro pur sapendo di essere sotto tiro”.
Come ricorda l’attentato di venticinque anni fa?
“L’ho vissuto più o meno come tutti gli adulti dell’epoca: è stato un avvenimento che seppur incredibile non era neanche tanto nuovo, visto che la mafia e il terrorismo ammazzavano già quasi all’ordine del giorno. Mi spiace che il generale Dalla Chiesa ad un certo punto si sia ritrovato a lottare da solo”.
Nella fiction tale solitudine viene evidenziata?“Sì, questo aspetto è stato sottolineato ma senza troppa insistenza per non rischiare di annoiare. Viene fuori certamente la solitudine effettiva di un uomo in un momento della sua vita in cui faceva legittime ed intelligenti richieste di aiuto che lo Stato promette ma che in realtà alla fine non mette in pratica, lasciandolo solo nella lotta”.
Quale scena è stata particolarmente coinvolgente dal punto di vista emotivo?“Una scena particolarmente toccante è il momento in cui muore Dora, la prima moglie del generale: un evento che lo segnò particolarmente dato che con lui aveva condiviso tutte le sue avventure e le trasferte di città in città, vivendo in nuovi posti sempre sotto la minaccia mortale che avrebbe potuto coinvolgere la famiglia al completo. E così anche per la seconda moglie, che morì con lui nell’attentato”.
Quale insegnamento si auspica che la fiction lasci ai telespettatori?
“In quest’Italia di oggi un po’ confusa e pasticciona dove i politici non si sa bene che cosa facciano o vogliano fare mi auguro che il film lasci la testimonianza che esistono anche persone come il generale Dalla Chiesa che fanno il proprio dovere con un alto senso dello Stato e un forte attaccamento ai valori della giustizia”.
Altri interpreti del film sono Milena Mancini, Marco Vivio e Chiara Mastalli che impersonano rispettivamente i figli Rita, Nando e Simona, che hanno collaborato alla sceneggiatura scritta da da Fabrizio Bettelli ed Elia Contini. (www.affaritaliani.it).

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