sabato 21 maggio 2011

GOOD MORNING AMERICA, INTERVISTA A GERARDO GRECO DEL TG2: "OBAMA RINNOVA IL SOGNO AMERICANO "

01 agosto 2009 - C'era una volta il Sogno Americano, quello degli italiani che si erano imbarcati su navi cariche di emigranti, all'inizio del secolo scorso, e hanno lasciato il loro nome e la loro destinazione nei registri di Ellis Island. "Gerardo Greco. Provenienza: Italia, sud; data di arrivo: 1906, febbraio; et: 23 anni; vuole andare a Cleveland, Ohio." Seguendo le tracce di presunti vecchi parenti approdati negli Stati Uniti un secolo fa, Gerardo Greco, che invece ci è arrivato nel 2001, con l'attentato alle torri gemelle, inizia un viaggio alla ricerca di ci che resta di quel sogno, un percorso che ha dato vita a un libro che il giornalista ha scritto, Good Morning America - Un viaggio sulle tracce del nuovo sogno americano (Sperling & Kupfer, pagg. 228, 18,50).


Gerardo Greco, dopo essersi occupato di cronaca italiana per il Giornale Radio Rai, si è trasferito negli Stati Uniti, a New York, dove è corrispondente del Tg2. Ha seguito le guerre in Afghanistan e in Iraq, la presidenza Bush, gli uragani, la lunga campagna elettorale di Barack Obama.
Il sogno americano è  soggettivo, spiega: "Good Morning America" comincia cronologicamente dai miei 25 omonimi che sbarcano a Ellis Island per poi cercarne i discendenti che erano partiti da Palermo. Tento di scoprire il loro sogno partendo da uno mio personale e lo faccio nell'anno della campagna elettorale di Obama in cui si evidenzia come sia cambiato il sogno americano nel periodo della sua vittoria e mesi prima con il crollo di Wall Street. Il sogno è  mutevole ma in fondo la forza attrattiva del Paese consiste in questo, l'America è un'immensa macchina di sogni: racconto quindi l'idea personale partendo dal momento in cui mio bisnonno rompe con il suo passato una volta partito.
Quali tappe hai attraversato in questa ricerca?
Sono andato in giro in un'America non turistica o commerciale ma nella provincia che ne costituisce la pancia. Il sogno americano cambia sostanzialmente su tre cose: la prima è  la casa e a Cleveland, terra promessa del mio giovane antenato, oggi c'è la più grave crisi immobiliare che la storia ricordi e le villette abbandonate dai proprietari che non hanno potuto pagare le rate del mutuo sono in vendita a 800 dollari. Si racconta che cos'è la casa e come si differenzia da quella italiana.
E poi?
C'è la macchina: a Detroit, le grandi fabbriche di automobili, GM, Chrysler e Ford, aspettano i soldi delle sovvenzioni statali per rimettersi in moto. E le grandi macchine americane non si vendono più e chissà con quale saggezza si decide di rivolgersi agli italiani e alle loro piccole auto, per cui per anni ci hanno preso per il culo. E alla fine Wall Street, posto simbolo del capitalismo selvaggio dove i 40 mila licenziati costringono a ripensare tutto il sistema con un intervento statale che chiamano impropriamente socialista, uno spettro molto pauroso, una componente psicologica del dopo 11 settembre e della ripresa, del boom e della Borsa che finisce con uno strano modello di importazione social democratica europea. Gli americani hanno la forza di cambiare regole molto precise e tutto può essere rimesso in discussione.
E Obama?
Indubbiamente carismatico e innovativo, Obama è un'icona, un simbolo, un uomo d'immagine, uno psicanalista nazionale che ogni giorno va in tv e dice al suo popolo "siamo forti" e rinnova il sogno, un po' come Reagan la cui scommessa è stata vinta; quella di Obama, invece, finora è solo una scommessa. Non per niente nella quarta di copertina è raffigurato come Superman perché deve dimostrarsi forte per uscire vivo da questi quattro anni.
In quali aspetti emerge la contraddittorietà di un Paese come l'America?
Per esempio nell'ambientalismo: io parlo di quello di derivazione goriana. Anni fa si pensava addirittura di climatizzare un'intera strada, gli esterni, mentre adesso c'è la moda di piantare gli alberi anche sul tetto.
Il tuo libro allora è tante cose: me ne daresti una definizione?
E' una sorta di guida spirituale dell'America, un divertente viaggio dell'anima come sempreè  quello degli italiani che vi si recano.
E qual è lo stile narrativo?
E' un romanzo-non romanzo. Essendo l'America un Paese paradossale ho cercato di raccontarlo come una storia: doveva essere in realà un reportage obiettivo e fedele ma il Paese è talmente folle che alla fine anche il libro diventa strano, un insieme di avventure qual è l'America, pieno di fantasia ma non c'è nulla di inventato. Tutto è incredibilmente vero.
Personalmente con quale mito americano ti sei incontrato o scontrato?
Sono arrivato a New York alcuni mesi prima dell'11 settembre e avevo il mito di un'America rock, che cambiava velocemente. Per tutta quell'estate non c'era di che parlare, al limite si dava notizia di alcuni bagnanti mozzicati dagli squali: non succedeva nulla. Dall'11 settembre è cominciato tutto come fosse un appuntamento con il destino. Giovanni Zambito.

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