Nell’ambito della ricca programmazione dell’Estate Capitolina ieri
sera è iniziata per il terzo anno consecutivo nell’Ateneo più
frequentato d’Europa la manifestazione “Estate alla Sapienza”
che si protrarrà fino al 29 luglio. Il programma è fitto e comprende
musica pop, rock, jazz, cinema e tutto gratuitamente, il che non
guasta. L’intera area, divisa in campus monotematici, è stata inaugurata
ieri sera dal concerto di Roberto Vecchioni, pietra
miliare del nostro cantautorato italiano, che proprio quest’anno vi ha
tenuto un ‘Laboratorio di Scrittura e Cultura della Comunicazione’:
“Sono aperto e disponibile a iniziative del genere - confessa ad Affari
il cantante-professore - perché la musica buona non è fatta solo per i
palazzetti e i teatri, ma per i posti all’aperto, per le arene, per i
bellissimi anfiteatri e naturalmente anche per le università”.
Che cosa le dà più soddisfazione di eventi come questo?“Quello
di cui sono più contento è che esista ancora oggi un’attenzione, una
partecipazione particolare dei ragazzi non soltanto di tutto quello che è
esame e scuola ma di manifestazione culturale in genere com’è tutta
l’Estate Romana”.
La musica è materia più da Ateneo o da Liceo?
“Credo che tutto lo sia. Tutto va visto in due ottiche: o lo vedi come un giochetto da tre soldi o situato in un habitat di cultura tipico del nostro tempo. Fino a dieci anni fa la pubblicità non era considerata materia di cultura come magari il fumetto e tanto meno la musica cosiddetta leggera, ma è parte del costume e della nostra vita e allora ha delle cose da studiare che farebbero capire molto meglio come va avanti la società”.
“Credo che tutto lo sia. Tutto va visto in due ottiche: o lo vedi come un giochetto da tre soldi o situato in un habitat di cultura tipico del nostro tempo. Fino a dieci anni fa la pubblicità non era considerata materia di cultura come magari il fumetto e tanto meno la musica cosiddetta leggera, ma è parte del costume e della nostra vita e allora ha delle cose da studiare che farebbero capire molto meglio come va avanti la società”.
Secondo lei c’è un legame fra la disaffezione dei giovani alla politica e l’attaccamento a certi miti musicali?“Sai,
i riferimenti politici di oggi sono veramente squallidi: è normale che i
giovani si disaffezionino o pensino la politica a modo loro o con una
certa burrascosità di intenzioni o con molte parole e una specie di
rapporto perlustrativo dal punto di vista riformista. Però sempre un po’
distaccati da quello che è il chiacchiericcio politico-partitico,
perché oggi come oggi convince pochissimo i ragazzi a parte qualche
frangia attaccata a un modo antico di pensare la politica. Credo che i
giovani facciano un ‘fai da te’ oggi, anche abbastanza interessante”.
La sua musica piace più ai giovani di sinistra?“No,
anche ai giovani e non giovani di destra. Questa divisione oggi mi
sembra piuttosto mediocre soprattutto per quanto riguarda la musica. Una
volta c’era una coloritura e una spaccatura precisa; c’è ancora un modo
di pensare più destrorso o sinistrorso, ma le cose si sono molto
avvicinate. La musica è fatta di sentimenti abbastanza universali: è
giusto che, a parte i pazzi estremisti, tutti possano fruire di canzoni
di questo tipo”.
Che cosa dovrebbe raccontare oggi la musica?“Niente:
non ha un impegno obbligatorio come non l’ha probabilmente la
letteratura o la poesia. Come diceva Vittorini ‘non si è pifferai in
nessuna rivoluzione’. La musica racconta sentimenti, sentimentalità,
emozioni che ci fanno diversi dagli animali e dalle piante e che cercano
di arrivare alla maggior parte delle persone. Purtroppo c’è anche
musica squallida troppo facile da accettare, ma anche musica che fa
pensare il cuore”.
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“Ce ne sono tanti
della vecchia e anche della nuova generazione. Da Battiato a De Gregori a
Conte non è possibile fare una lista fino ad arrivare ai più giovani
come il bravissimo Simone Cristicchi (che il 29 luglio chiuderà l’Estate
alla Sapienza, ndr), ma anche chi fa musica nel mondo più
andante e con grande dignità come la Pausini: non vedo perché si debba
sempre essere intellettuali”.
In tanti anni di carriera a quali punti fermi ha fatto riferimento?“Alla
mia doppia personalità, al fatto di conoscermi e guardarmi dal fuori,
tentare di capire chi sono e non sono, all’amore come salvezza, alla
cultura e all’arte, alla bellezza in generale, a tutto quello che ci
salva”.
Quest’anno ‘Samarcanda’ compie trent’anni e nel 2008 saranno
quarant’anni dal suo primo 45 giri per la Durium ‘La pioggia e il
prato’: è cambiato il suo modo di guardare al mondo?“Più
vado avanti con l’età più divento ottimista e allegro: mi piace la vita,
mi piacciono i giovani, chi ci crede, chi ha speranza. Certo, ogni
tanto metto dei dolori e delle tristezze nelle mie canzoni ma proprio
per ottenere l’effetto contrario, per far capire che la vita è bella da
vivere”.
Sembra che lei abbia già vissuto più di una vita visto le
diverse esperienze attraversate: l’insegnamento, la scrittura, la
musica, una vittoria al Festivalbar, il titolo di Cavaliere della
Repubblica…“Ne vivo anche di più di quelle che hai detto
tu. Il centro comune di unione è uno solo, la persona che non cambia mai
che si comporta in modo diverso a seconda delle circostanze che vive su
un palco o dietro la cattedra per esempio”.
È anche la base comune dell’ispirazione di un testo musicale o letterario?“Sono due generi diversi: conta sapere che la comunicazione è da prendere in modo differente a seconda del veicolo che usi”.
Riscriverebbe l’inno per l’Inter campione d’Italia?“No, non sono capace di cose così tanto popolari; devo dire la verità: sono sempre un po’ snob”.
Giovanni Zambito (11 lugio 2007).
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